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Esercizi pubblici, una catastrofe. Le richieste di Fipe-Confcommercio Verona

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Un’iniezione di liquidità e l’inserimento nella “fase 2”: la richiesta arriva dal Presidente della sezione Turismo di Confcommercio Verona e presidente provinciale di Fipe Paolo Artelio. “I pubblici esercizi, discoteche e locali d’intrattenimento rischiano di perdere 21 miliardi di fatturato nel 2020, a questo s’aggiungano i riflessi dei gravi danni patiti dagli altri componenti della filiera del turismo, alberghi e campeggi in primis, basti pensare a Verona e Lago di Garda”.

50mila imprese in Italia sono a rischio e si stimano 300mila posti di lavoro in meno a livello nazionale: è quanto emerge da uno studio della Fipe-Confcommercio dal quale scaturisce inoltre che le proposte sin qui messe a punto dal Governo sono state giudicate insufficienti e parziali dal 96% delle imprese associate (ristoranti, pizzerie, bar, discoteche e pasticcerie). “Le misure attuali si rivelano utili per una piccola platea di imprenditori, quelli decisi a chiedere prestiti sotto i 25mila euro, ma per tutti gli altri permangono i problemi”, prosegue Paolo Artelio. “Le aziende, anche nel veronese, hanno bisogno di una reale e immediata liquidità, in ballo c’è il futuro di migliaia di imprese e decine di migliaia di lavoratori”.  Le richieste in particolare sono due: un contributo a fondo perduto per gli esercizi forzatamente chiusi, parametrato all’effettivo fatturato medio degli anni precedenti come indennizzo parziale dei costi documentalmente sostenuti; e, appunto, una  liquidità immediata con meccanismi automatici e tassi zero, parametrati all’effettivo fatturato medio degli anni precedenti e garantita al 100% dal Fondo Centrale di Garanzia.

In linea con quanto emerso dal comitato regionale Fipe, Artelio chiede che “al momento di graduale ripresa delle attività produttive vengano tenute in debita considerazione anche le attività di pubblico esercizio, finora praticamente dimenticati da parte dei nostri governanti: le nostre imprese non possono vendere per asporto i loro prodotti, pur presentando caratteristiche igienico-sanitarie e strutturali di livello almeno analogo. Un’ipotesi potrebbe essere quella di permettere, in una prima fase, la vendita per asporto dei prodotti alimentari, senza vincoli di orario, naturalmente nel rispetto delle buone prassi igienico sanitarie e comportamentali previste dalle vigenti normative”. Il pubblico esercizio è un comparto decisivo della filiera agroalimentare e del turismo non soltanto per il contributo fornito alla creazione di valore ma anche per essere un mercato di sbocco rilevante per le produzioni agroalimentari nazionali e fattore decisivo per l’attrattività del Paese: va preservato e supportato.

“L’impatto del Coronavirus non si è limitato a un crollo dei ricavi e dei margini di profitto delle imprese, ma ad effetti negativi sulla struttura finanziaria: quello che più preoccupa, infatti, è l’incertezza sul futuro”, aggiunge Leo Ramponi, presidente dell’Associazione Ristoratori di Fipe-Confcommercio Verona. “Molti ristoranti con il food delivery stanno limitando in parte i danni, ma ciò non basta”. “Il settore dei bar era in difficoltà anche prima che scoppiasse l’emergenza-Coronavirus”, sottolinea Emanuel Baldo, presidente del sindacato caffè-bar di Fipe-Confcommercio Verona. “Questa situazione rischia di assestare un colpo di grazia a numerose realtà; noi stiamo facendo la nostra parte per reinventarci e trovare nuove formule quando sarà il momento di ripartire, però dobbiamo essere messi nelle condizioni di poterlo fare con norme certe e di facile interpretazione per capire come poter servire un caffè”


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Redazione
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