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Venerdì 10 marzo. La mini rassegna stampa della pagina Facebook di Lillo Aldegheri

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Mattia Feltri su La Stampa: “Gli aiuti di cui la Germania nel Secondo dopoguerra, attraverso il Piano Marshall e l’esenzione di metà del debito, sono stati abbondantemente ricordati, e pure le ragioni, poiché senza una Germania in grado di risollevarsi il mondo occidentale libero e prospero avrebbe avuto altro volto e ulteriori difficoltà. Non ci sarebbe stata Europa senza Germania come non ci sarebbe Europa, domani, senza Italia…Tendere la mano non dovrebbe essere una questione di solidarietà ma di identità e destino comuni, se mai questa Europa li riconosce…Una differenza sostanziale però c’è. Per la sciagura provocata e infine subita, la Germania visse la Stunde Null, l’Ora Zero in cui con senso di colpa si ricominciò tutto da capo, zitti, a testa bassa, sopportando i sacrifici, in capo a dieci anni, l’economia era di nuovo florida. Noi non abbiamo nessun senso di colpa- Da vent’anni ¡I nostro Pil cresce molto meno di quello dell’Eurozona; ma non è colpa nostra. Abbiamo continuato a indebitarci per vivere al di sopra delle nostre possibilità, ma è colpa di qualcun altro. E’ degli euroburocrati, dei politici corrotti, degli immigrati, dei comunisti, dei fascisti, degli imprenditori, dei sindacati, degli evasori fiscali, dei fannulloni del pubblico impiego, del Nord egoista, del Sud lazzarone, dei vecchi, dei giovani e della Luna in Scorpione, ma non nostra. Noi i soldi degli altri li rivendichiamo come un diritto, quello di fare cuccagna”.

Marco Gervasoni su Il Giornale: “Cari tedeschi, non avete tutti i torti. La mafia l’abbiamo inventala noi italiani. Come la pizza, gli spaghetti e, a quanto pare, pure l’ora dimenticalo mandolino. E, come la pizza e gli spaghetti, l’abbiamo esportata anche in Germania dove, sotto forma di ‘ndrangheta, fa affari d’oro con voi… Ma gli stereotipi ogni popolo li ha sulle spalle. E, allora, stereotipi per stereotipi, non vi chiedete come mai vi considerino ancora nazisti? E non solo e non tanto in Italia , che alla fine noi siamo buoni e accoglienti, forse troppo, ma negli Stati Uniti, dove dai divi hollywoodiani ai Simpsons, qualche frecciatina sul tedesco hitleriano ci scappa sempre. Nazista, qui, certo, è una metafora, come forse forse la intendete voi quando parlale di mafia. Voi non volete dire che tutti gli italiani sono mafiosi, ma che tutti o quasi avrebbero un comportamento mafioso. Allo stesso modo, quando vi cala sulla testa lo stereotipo di “nazisti”.

Su L’Avvenire, Marco Tarquinio: “Quanto al potere di un titolo e di un commento di giornale, ogni dubbio sembra purtroppo lecito. E questo a causa dell’entusiasmo feroce con cui ieri piccoli e grandi esternatori politici di casa nostra si sono precipitati nella breccia aperta dalla cannonata di “Die Welt”, grande giornale tedesco che ha sparato la solita, indiscriminata e spregevole accusa di mafiosità contro tutti gli italiani (la mafia purtroppo esiste ed è una piaga aperta, in Italia e anche in Germania). “Die Welt” lo ha fatto per sostenere il punto di un presunto “dovere della fermezza” della cancelliera Merkel nell’impedire una svolta solidale della politica sociale e fiscale della Ue. Argomentazione che colpisce, come tutti i velenosi luoghi comuni razzistoidi che purtroppo hanno ripreso a imperversare in Europa. Ma colpisce ancor di più il furore polemico politico e la veemente richiesta di presa di distanza e di formali scuse rivolta da Roma al Governo di Berlino per l’articolo di un quotidiano. Come se il Governo di un Paese democratico potesse permettersi di approvare o censurare l’opinione, anche la meno elegante o la più becera, espressa su di un organo di informazione—Mentre “Der Spiegel”, altro settimanale che in passato aveva confezionato copertine e inchieste urticanti sul nostro Paese, sin dalla serata di mercoledì 8 aprile ha pubblicato un commento opposto a quello di “Die Welt” e in cui è lo stesso direttore Steffen Klusmann a definire «gretto» e «vigliacco» un no di Berlino all’emissione di Eurobond richiesta soprattutto dall’Italia nel quadro della comune lotta contro la pandemia e le sue conseguenze sociali ed economiche…L’onore dell’Italia e il futuro della nostra gente e degli altri popoli dell’Unione si difendono non con polemiche furbe, ma con scelte forti, coraggiose e innovative, qui e in Europa. È la strada che pareva ormai intrapresa, meglio restarci. E meglio, al cospetto dell’opinione pubblica, dare molto più giusto valore all’idem sentire degli europei, tedeschi e italiani per primi, piuttosto che agli insulti del commentatore di turno.”

Federico Fubini su Il Corriere della Sera: “…la ministra delle Finanze spagnola, Nadia Calviño, l’altra sera all’Eurogruppo ha messo il dito precisamente sulla piaga, quando ha lanciato una battuta ai suoi colleghi ministri finanziari del Nord Europa: «Poi però voglio vedere, quando arriva la proposta, come vi muoverete».La proposta riguarda i cosiddetti «meccanismi innovativi di finanziamento»…La partita vitale per la tenuta della società italiana in questa crisi si gioca lì ed è lì che l’esperienza di direttrice del Bilancio Ue l’altra sera è venuta in aiuto a Nadia Calviño. Perché il tempo stringe e il diavolo è nei dettagli…Soprattutto per ora l’opzione di emettere nuovo debito europeo per almeno 500 miliardi garantendolo con il bilancio Ue presenta una seria incoerenza sui tempi: molti Paesi dell’area euro hanno bisogno di risorse al più tardi entro pochi mesi, mentre l’aggancio al Quadro finanziario di Bruxelles 2021-2027 immetterebbe risorse fresche nell’economia tra più di un anno…Si tratta dunque di trovare almeno una soluzione-ponte prima del 2021 attraverso due canali suggeriti ieri dal Consiglio degli esperti economici franco-tedeschi: tramite emissioni della Banca europea degli investimenti oppure del fondo salvataggi Mes”.

Vittorio Feltri su Libero: “Dopo circa un mese di clausura, imposta un tanto al chilo dal governo, gli italiani, lombardi e veneti in particolare, i più attivi, hanno il diritto di averne piene le scatole. E si vede, perché ad onta dei divieti rigorosi, hanno cominciato a infischiarsene dei medesimi e hanno ripreso a uscire di casa. I disobbedienti per ora sono una minoranza, tuttavia constato che le vie di Milano hanno ripreso a brulicare di gente, magari con le mascherine, ma felici della ritrovata libertà. Camminano con o senza cane, fanno la fila davanti ai supermercati, creando assembramenti che contrastano con la famosa distanza sociale raccomandata dai pierini improvvisatisi soldati nemici del virus. La ribellione è contagiosa almeno quanto il coronavirus, e sono sicuro che entro Pasqua coloro che se andranno a spasso in città, facendosi beffe dei sacri comandamenti di Conte, saranno numerosi, aumenteranno ogni dì. E non ci sarà sanzione che possa tenerli a cuccia…È ora di finirla con restrizioni degne di un campo di concentramento…Esagero: meglio sfidare l’infezione piuttosto sorbirsi lezioni di medicina che servono solo a fracassarti l’apparato riproduttivo.”

Su Il Sole 24 Ore, Beda Romano: “L’accordo (dell’Eurogruppo, ndr) di ieri sera parla di un fondo legato al bilancio europeo, finanziato con «strumenti finanziari innovativi», in linea con i Trattati (pari a 500 miliardi di euro, secondo Parigi). Lo strumento dovrebbe essere temporaneo, mirato e proporzionato ai costi straordinari provocati dalla pandemia. Tre giorni fa L’Aja si era opposta a un eccessivo ammorbidimento delle condizioni di utilizzo del Mes così come all’ipotesi francese di un fondo finanziato da titoli congiunti. Nei fatti, la proposta francese è stata accettata sia dall’Olanda che dalla Germania, anche se è tutta da negoziare. Berlino si è dimostrata in queste settimane sorprendentemente ben disposta nell’accettare storiche decisioni sul fronte della spesa pubblica. Peraltro, l’ultimo sondaggio Politbarometer della rete televisiva pubblica ZDF notava ieri che il 68% dei tedeschi è favorevole ad «aiuti europei a favore di Italia e Spagna sulla scia della pan- demia influenzale». Un compromesso sugli altri due tasselli – il Sure e la Bei – è stato più facile da raggiungere. Infine è da sottolineare in ogni caso che sia sul fronte Mes che ancor di più per quanto riguarda il fondo francese di rilancio dell’economia nuovi negoziati diplomatici e politici sarebbero comunque necessari per mettere a punto tutti gli aspetti operativi. Un accordo all’Eurogruppo non è che un primo passo di un lungo negoziato che scatterà dopo il prossimo benestare dei capi di Stato e di governo”.

Su Il Manifesto, Luigi Pandolfi: “J. M. Keynes, che di certo non era un rivoluzionario, all’alba degli anni Trenta del secolo scorso scriveva che «i devoti del capitalismo sono spesso eccessiva- mente conservatori e respingono riforme nella sua tecnica, che in realtà potrebbero rafforzarlo e preservarlo». Metafora perfetta di quanto sta accadendo adesso in Europa, dove, nonostante lo spettro di una crisi che si annuncia più dura di quella del 1929, alcuni Paesi rimangono attaccati ai loro preconcetti ideologici. Anche a costo di rimetterci l’osso del collo…Eppure, la Germania dovrebbe valutare attentamente l’impatto che la rovina degli Stati del sud potrebbe avere sul suo export e sulla sua «manifattura allargata». Tra le conseguenze del coronavirus ci saranno anche, presumibilmente, una regressione del processo di globalizzazione dei mercati ed un re- stringimento delle catene di produzione del valore. Dove sta la logica nel condannare all’inferno i propri partner attuali e potenziali?…serve uno sforzo finanziario eccezionale per evitare il collasso dell’economia europea. Dopo il lock- down, milioni di persone rischiano di finire per strada non per godersi la ritrovata libertà di movimento, ma perchè nel frattempo avranno perso il loro lavoro. Non possono bastare il piano da 200 miliardi della Bei per le imprese e il cosiddetto progetto SURE da 100 miliardi annunciato dalla presidente della Commissione per finanziare, su richiesta dei singoli Stati, strumenti di stabilizzazione automatica come la cassa integrazione. Messi insieme non superano il piano di garanzie per le aziende che l’Italia, da sola, è riuscita ad approntare con l’ultimo «decreto liquidità». O si condividono i rischi legati alla raccolta delle risorse sul mercato o si finanziano direttamente i deficit aggiuntivi degli Stati con nuova moneta. Non ci sono alternative”.

Su Il Corriere della Sera, Guido Tonelli: “Non mi piace parlare di questa pandemia come di una guerra. Intanto perché non sopporto il linguaggio bellico, col suo sottofondo di minaccia oscura che scatena i nostri istinti più primordiali…Tutto si riduce all’alternativa del fuggire o rimanere paralizzati. E invece mai, come in questo momento, abbiamo bisogno di riflettere in profondità e fare tesoro dell’esperienza terribile che stiamo vivendo…Occorrerà insomma prendere atto che, dopo Covid-19, il mondo non sarà mai più quello di prima. La crisi economica in cui siamo entrati sarà gravissima, cambierà in profondità l’economia e l’intero modo di produzione e sconquasserà, fino alle radici, i sistemi politici…Ma soprattutto nulla sarà più come prima perché noi non siamo più gli stessi. Siamo cambiati, tutti e in profondità…Attraversando il dolore e la paura, un popolo di semi-adolescenti è diventato adulto, di colpo…Come denunciava Marco Lodoli in un articolo memorabile di molto tempo fa: «Abbiamo accettato che le televisioni venissero invase da gente che imbarcava applausi senza essere capace a fare nulla; abbiamo accolto con entusiasmo ogni sbraitante analfabeta, ogni ridicolo chiacchierone». Sono nati da questo ambiente i Boris Johnson, i Donald Trump, i Mark Rutte. Perché meravigliarci di vivere, come dice Re Lear, «un’epoca tremenda nella quale gli idioti governano un popolo di ciechi»? Abbiamo cresciuto una larga parte dei nostri ragazzi nell’illusione che il benessere fosse un diritto universale e che comunque ci dovesse essere qualcuno, famiglia o Stato, a garantirlo. Abbiamo sparso a piene mani l’idea che la vita fosse un film di Walt Disney o un luna park. Che toccava sempre ad altri precipitare nel baratro, non a noi, esseri onnipotenti resi quasi immortali dagli ultimi ritrovati della tecnica…I nostri padri e i nostri nonni hanno vissuto epoche nelle quali la tragedia incombeva sulla loro esistenze in ogni momento. E questo li ha resi resilienti e determinati, consapevoli che nella vita tutto costa sforzo e fatica. Che i risultati raggiunti non vanno considerati mai garantiti per sempre e che bisogna lottare per migliorare la condizione di tutti. Forse proprio questo ci salverà. Questa consapevolezza ci permetterà di affrontare con uno slancio nuovo il disastro da cui dovremo ripartire. E forse da qui si potrà costruire un futuro su basi diverse da quelle fragili del mondo che abbiamo ormai alle nostre spalle”.

Marco Travaglio su Il Fatto: “…Non si vede perché (come dicono dirigenti della Lega, ndr) ‘tutto i lombardi dovrebbero sentirsi offesi dall’Ordine dei Medici…che muove rilievi tecnici, non politici, agli in- capaci che sgovernano la Lombardia: infatti nulla dice contro la giunta Zaia. Semmai i lombardi si sentono offesi da chi non ha fatto nulla di serio e di utile contro il Covid-19, a parte gettare donazioni milionarie nel celebre Bertolaso Hospital con ben tre pazienti e conquistare il record mondiale di morti…Se la sanità è regionale e la Lombardia è autonoma perchè “meglio fare da sé”, questo vale non solo quando fioccano gli applausi (peraltro immeritati), ma anche quando piovono fischi, denunce, accuse e avvisi di garanzia. Se le “polemiche” arrivano “proprio in questa fase delicata, quando subentra la stanchezza di tutte le settimane passate senza riposo”, è percè i medici piangono già oltre 100 morti, quasi tutti lombardi e vedono una Regione in balìa degli eventi, senza l’ombra di una strategia, e sperano in un’inversione di rotta subito (se ci fosse già stata) la Lombardia si sarebbe risparmiata l’ordinanza che spediva nelle residenze per anziani i degenti Covid dimessi dagli ospedali ma ancora contagiosi. E anche il pappa-e-ciccia Regione-Confindustria che ha bloccato la zona rossa ad Alzano e Nembro dal 22 febbraio (primo contagio accertato) all’8 marzo (dl Chiu- di-Italia). E magari Fontana & Gallera avrebbero scoperto con 40 giorni d’anticipo la famosa legge 833 del 1978 che, in materia di “igiene e sanità pubblica” (art. 2 comma 3), recita: “Sono emesse dal presidente del- la giunta regionale o dal sindaco ordinanze di carattere contenibile ed urgente, con efficacia e- stesa rispettivamente alla regio- ne o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale”. Quindi, se è vero (e non lo è) che lo sgovernatore & C. volevano la zona rossa in Val Seriana, dovevano procedere in autonomia anziché aspettare il governo: come l’Emilia-Romagna, il Lazio, la Campania, la Calabria e la Sicilia, che si son fatte le proprie zone rosse senza scaricare barile su Roma. Con un adeguato periodo di relax, poi, il povero Gallera avrebbe scoperto un dettaglio ancor più sconvolgente: la legge in questione, che dice di aver “avuto modo di approfondire” solo tre giorni fa, non è una legge come un’altra. Si intitola “Istituzione del servizio sanita- rio nazionale”. Cioè è la legge che regola i poteri degli assessori regionali alla Sanità. Cioè i suoi. Semprechè, si capisce, qualcuno l’abbia avvertito che, per quanto bizzarra possa apparirgli la circostanza, l’assessore alla Sanità è lui.”


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