Mario Monti sul Corriere della Sera: “L’accordo raggiunto all’Eurogruppo, pur con diverse ambiguità, è un altro passo in avanti verso una risposta europea alla crisi da coronavirus, dopo le misure prese dalla Commissione e dalla Banca centrale europea. Per l’Italia, che secondo me non è uscita male dal negoziato, vi è ora il rischio di un cattivo uso del risultato ottenuto…Il Mes rappresenta l’evoluzione del Fondo europeo per la stabilità finanziaria (Fesf). Il Fesf prima e il Mes poi sono stati preparati e decisi a livello europeo nel 2010-2011 con l’Italia rappresentata da Silvio Berlusconi nel Consiglio europeo e da Giulio Tremonti nell’Ecofin ed Eurogruppo. Quel governo si reggeva sull’alleanza Pdl-Lega. Giorgia Meloni ne faceva parte come ministro per il Pdl, Matteo Salvini era europarlamentare della Lega. La decisione di istituire il Mes fu presa a livello Ecofin il 9-10 maggio 2010—Non sarò certo io, perciò, a raccomandare a Conte di andare sotto le forche caudine di meccanismi preparati in Europa da un governo Berlusconi-Lega, che poi passò ad altri l’onere di evitare il default dell’Italia…Ma oggi, a causa del coronavirus, la situazione è completamente diversa. La natura della crisi è differente. L’Italia non è guardata male come allora, «colpevole n. 2» dopo la Grecia e che se fosse esplosa avrebbe mandato anche l’euro in frammenti. Oggi l’Italia è vista con simpatia e solidarietà, atteggiamento che riguarda anche gli altri Paesi più colpiti. Per questo, i crediti del Mes per rimettere in sesto e in marcia quei Paesi, verrebbero erogati con la sola condizione che i fondi siano utilizzati per le finalità prestabilite. Cosa che, devo dire, come italiano mi tranquillizza. Su questo, Conte dovrebbe insistere in vista del Consiglio europeo, piuttosto che agitare ancora la bandiera dei coronabond per esigenze illusionistiche di politica interna, quando è chiaro che, in questa occasione, solo un miracolo potrebbe farli adottare…Elenco alcuni fatti, che i lettori ricorderanno. Per pudore, mi astengo dal commentarli, ma provino i lettori a mettersi nei panni, diciamo, di risparmiatori e contribuenti tedeschi, che apprendono i seguenti fatti: il governo giallo-verde chiede, nella prima bozza del suo programma, che la Bce condoni all’Italia 300 miliardi di euro di debito pubblico; politici di primo piano dicono «ce ne freghiamo dell’Europa, delle regole europee», «facciamo tutto il disavanzo che vogliamo»; tutti i partiti fanno a gara a chi promette tasse più basse e tutti rifiutano di considerare tasse sul patrimonio; leggono le stime, ufficiali, sull’evasione fiscale; vedono che ogni anno ci sono condoni fiscali, previdenziali, edilizi, valutari; apprendono che l’Italia non riesce a utilizzare i fondi che già riceve dalla Ue; sentono che Beppe Grillo al Parlamento europeo ha invitato l’Europa a non finanziare l’Italia perché in quel modo finanzia la mafia. Ma quegli stessi politici italiani esigono solidarietà dall’Europa. Si indignano se gli altri esitano un po’ a condividere i debiti con gli italiani.”
Mattia Feltri su La Stampa: “Ci siamo, è arrivata la fase due. Funziona così in Italia: la fase uno è quella del non è colpa mia, stavolta eccezionalmente nobilitata da una fratellanza nazionale. Mameli e Battisti cantati alle finestre, applausi agli eroi e altre generosità da esposizione; la fase due è quella del beh però sarà pur colpa di qualcuno. Allo scopo si sono mobilitate le procure, a decine, a Milano e Bergamo, a Genova e Prato, a Catanzaro e Piacenza, in Piemonte e nel Sannio, per scoprire in nome del popolo italiano se è stato fatto interamente ii possibile per contrastare l’epidemia. Naturalmente no, non è stato fatto interamente il possibile, specialmente se indagato con io sguardo che i pm condividono coi giornalisti, per cui dopo si sapeva tutto prima: per dirla facile, c’è un casino mai visto e quindi si è fatto un gran casino. Ma si troveà una manciata di vittime sacrificali da impiumare oltre ogni irragionevole dubbio, di modo che il resto del Paese si lustri la coscienza, o si crogioli ancora un po’ nel ruolo di martire del mondo farabutto. Intanto mi autodenuncio: all’alba del virus scrissi una rubrica sul ridicolo dell’allarmismo e quindi era una rubrica colposa. Chiamo però in correità perlomeno il presidente del Consiglio, i ministri, i sottosegretari, i parlamentari, gli scienziati in tv, la Protezione civile, i primari, i medici, i presidenti di Regione, gli assessori, i prefetti, i questori, l’Arma dei carabinieri, Confindustria, i sindacati, gli utenti di Twitter e Facebook, i conducenti di autobus, i proprietari di cani, i podisti, i cinesi, Burioni e Trump. Aveva ragione Davigo: siamo tutti colpevoli ancora da scoprire”.
Michele Serra su La Repubblica: “L’idea del Pd di un contributo pro-caopite per aiutare a far fronte all’emergenza mi sembra giusta e sensata. Chiamarla ‘patrimoniale’ la rende solo un poco pioù pomposa se si è favorevoli, un poco più minacciosa se si è contrari…Quando i conservatori inglesi tornarono al governo dopo non so quale tornata elettorale, Nick Hornby disse: alleggeriscono le tasse a me che guadagno parecchio. Per questo sono contro di loro….Temo che il mio reddito sia decisamente inferiore a quello di Hornby, ma non posso lamentarmi e dunque valuto con lo stesso criterio la politica economica. Se mi chiedono poco significa che chi è al governo accetta la diseguaglianza come una fatalità. Se mi chiedono qualcosa di più significa che chi è al governo considera giusto e necessario mettere qualche rimedio alle differenze sociali. Mi sfugge, in questo momento, a che parte stiano i cinquestelle.”
Su Il Corriere della Sera, Massimo Franco: “L’ultimo simulacro di dialogo si è sbriciolato. Era prevedibile. Lo scambio di accuse tra il premier Giuseppe Conte e la destra evoca qualcosa di più di uno scontro. L’Europa è diventato il vero spartiacque. La maggioranza si aggrappa alla mediazione con l’Eurogruppo per arginare le conseguenze economiche della pandemia; l’opposizione la usa per strappare con l’Ue. Utilizza il fantasma del Mes, il cosiddetto Fondo salva-Stati, per accreditare un governo sconfitto e umiliato nella trattativa con le altre nazioni. È un’offensiva strumentale, che trascura i passi avanti, seppure controversi, di una mediazione difficile e tuttora incompiuta. Ma trova una sponda involontaria nell’ostilità del M5S contro il Mes, assecondata dal premier Giuseppe Conte; e nella confusione che si è avvertita nell’esecutivo dopo la proposta estemporanea di una sorta di Covid tax proposta dal capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio. L’idea, non concordata con gli alleati, è stata subito bocciata dai grillini come una larvata «tassa patrimoniale»; e a ruota da Iv e premier. Lo stesso Pd l’ha declassata a «proposta autonoma del gruppo parlamentare». L’effetto collaterale è stato di mettere in ombra sia gli aiuti che le istituzioni europee stanno garantendo; sia la creazione a Palazzo Chigi di una sorta di «gabinetto di guerra» per coordinare la fase che verrà dopo l’emergenza. I leader di Lega e FdI, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, rilanciano l’immagine di un esecutivo privo di visione unitaria. E in parallelo rispuntano gli istinti ideologici dei grillini sulla Tav, l’Alta velocità ferroviaria, di nuovo additata come un’opera da cancellare per «recuperare risorse».
Vittorio Feltri su Libero: “Noi italiani abbiamo inventato una frase divenuta addirittura celebre: “Piove governo ladro”. Per dire che è sempre colpa di chi comanda e mai di chi disobbedisce. Ci siamo rivoltati con asprezza contro chiunque abbia preso in mano, più o meno meritatamente, le redini del Paese. Ricordo Fernando Tambroni, mandato a casa a calci nel deretano, mi pare negli anni Sessanta. La gente, ovviamente di sinistra, scese in piazza per defenestrarlo e ci riuscì benissimo, usando la leva già allora potentissima dell’antifascismo. Cito alla rinfusa altri primi ministri vituperati: Spadolini, Segni, Scelba, Rumor, Pella, Moro, Leone, Goria, Prodi, Berlusconi, Forlani, Letta, Gentiloni, Renzi, De Gasperi, De Mita, D’Alema, Dini, Craxi, Ciampi, Colombo, Cossiga, Amato, Andreotti. Non li ho elencati in ordine di “apparizione”, ma seguendo la mia memoria. Invito i lettori a essere sin- ceri: a quale di questi presidenti del Consiglio non hanno riservato qualche insulto, definendolo come minimo un mascalzone odiatore del popolo? Certamente, col passare degli anni, qualunque cittadino attenua i propri sentimenti negativi, che in qualche caso si trasformano in positivi. Eppure la realtà è che se piove il governo è immancabilmente ladro. Questo modo di pensare fa parte del nostro bagaglio che non oso definire culturale. Semplicemente tutti noi soffriamo di un complesso, quello del suddito, che ci portiamo addosso e dentro dai secoli cosiddetti bui. Siamo sempre livorosi nei confronti di chi sta al vertice, spesso menando il can per l’aia causa incapacità o insipienza…Oggi a Palazzo Chigi abita Giuseppe Conte, il quale non mi appare migliore dei predecessori tanto è vero che lo critichiamo a pù non posso. Tuttavia desideriamo concedergli un’attenuante. Assumendo la carica di capo dell’esecutivo, pur non avendo una preparazione politica (tutti ignoravamo chi fosse e da dove venisse), egli si è trovato di fronte a un bordello totale in cui nessuno, tantomeno lui, sarebbe riuscito a districarsi…Perché Conte non ce la fa a rinunciare a un incarico più grande di lui? Elementare: non capisce un cazzo, co- me tutti quelli che in passato hanno occupato la sua poltrona”.
Su Il Manifesto, Marco Revelli: “Senza pudore, le Confindustrie del Nord continuano a ripetere lo stesso mortifero ritornello: riaprire, riaprire, riaprire. Come se il mezzo migliaio di morti che ogni giorno dobbiamo contare fosse un dettaglio trascurabile…Eppure il messaggio del virus è chiarissimo. Col linguaggio feroce che la natura sa usare quando vuol farsi sentire, ci dice che l’ordine del discorso va cambiato. Che è già cambiato…Sono bastati pochi giorni di confinamento per tornare a separare, come il grano dal loglio, essenziale e superfluo: la composizione sociale messa al lavoro sul necessario, e quella posizionata sull’inutile, con la seconda confinata a casa…Le professioni intellettuali, pubblicitari e intrattenitori mediatici, trionfanti fino a ieri come campioni del tout marché e dell’economia del loisir, ora “ritirati nei loro appartamenti”. Gli altri – non solo gli addetti ai “lavori di cura” ma tutti quelli che operano fisicamente, cioè “con le mani”, sulle filiere “della vita” – trascinati in prima linea dal rovesciamento imposto dal virus…Perchè la macelleria epidemica lombarda? Perchè quella concentrazione di ammalati e deceduti là dove massimo è l’attivismo produttivo, la fibrillazione della vita activa, la densità del tessuto industriale oltre che dell’inquinamento? Non è un fatto solo italiano: negli Stati Uniti le prime cartografie della Pandemia mostravano due epicentri, nella east e nella west coast. Nel Regno Unito a Londra. In Francia nell’Ile de France e nel Grand Est. I potenti hub del lavoro totale che mette sotto stress i territori. Ma qui è stato peggio. La tragedia lombarda non ha confronti. Arrischio un’ipotesi: forse perchè il nostro è un capitalismo double face, intenso nei suoi baricentri – e la Lombardia è tale – ma fragile. Iperattivo nella sua molecolare intera- zione ma debole nella sua struttura di fondo, tecnologica e finanziaria. Un po’ come quello spagnolo. E’ qui che il coronavirus ha trovato le proprie praterie”.
Aldo Cazzullo su Il Corriere della Sera: “In questi giorni si sente ancora di più del solito la differenza sociale tra chi ha una bella casa e chi no. Evitare di parlarne per non essere accusati di classismo è appunto ipocrisia. C’è un’altra dolorosa differenza che emerge: tra chi in casa ha libri, e soprattutto ha l’abitudine di leggere, e magari ha Sky, Netflix, vecchi dvd da vedere, buona musica da ascoltare; e chi passava il tempo con i gratta e vinci o a parlare di calcio, e adesso avverte un drammatico senso di vuoto. Una differenza che solo in parte coincide con quella sociale. Sono pronto a scommettere che ci sono ville con giardino senza un libro e bilocali di gente che sa come passare il tempo. Mai come adesso gli strumenti culturali sono fondamentali, per arricchire la vita interiore che tutti ci troviamo a vivere. Certo, dopo decenni in cui la cultura e la bellezza sono state umiliate in ogni forma, compresa l’idea che debbano essere gratis, molto spesso ci si ritrova a mani e testa vuote”.