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Banche e diamanti. Arrivano le prime sentenze

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Lo scandalo esploso tempo fa della vendita dei diamanti a prezzi gonfiati, o addirittura inesistenti, da parte dell’attuale Banco Bpm è tutt’altro che dimenticato. Almeno da parte della magistratura. La vendita di pietre a costi superiori rispetto al valore reale attraverso alcuni istituti di credito, tra questi Banco Bpm, nonostante il Covid-19 rimane all’attenzione dei magistrati che curano l’inchiesta. Sono passati tre anni da quando 1.250 clienti chiedevano un risarcimento che si aggirava sui 50 milioni di euro. Adesso le denunce sono diventate 22.800, per un ammontare di 640 milioni. A Modena il tribunale ha dato ragione a due pensionati, imponendo all’istituto di Piazza Nogara di restituire “una somma pari alla differenza tra il prezzo pagato per l’acquisto dei diamanti e il valore effettivo sulla base dei criteri derivanti dai listini Rapaport”. La sentenza del Giudice Paolo Siracusano, che ha seguito il caso, è tranciante. Il valore delle pietre era di gran lunga inferiore a quanto pagato dai due malcapitati e obbliga la Banca a risarcire i due pensionati. Ad assistere i due tenaci raggirati è stato l’avvocato Francesco Giordano dello studio LexOpera di Firenze, che l’anno scorso aveva ottenuto uguale successo al tribunale di Lucca difendendo un risparmiatore della Garfagnana e anche in quel caso il Banco Bpm era stato condannato a risarcire. Nel momento in cui scriviamo le domande di restituzione delle pietre da parte degli aventi diritto sono ben 29.000, tutte ancora in deposito presso la sede della società fallita, Intermarket Diamond Business Spa.

Achille Ottaviani

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