Ilvo Diamanti su La Repubblica “L’emergenza creata dal Covid sta creando tensioni tra le Regioni e il governo…L’autonomia regionale, comunque, è apprezzata ovunque…in questa fase, le ragioni dell’autonomia e del governo centrale si bilanciamo. Ma non è detto che la coesistenza possa durare a lungo. In particolare se la pandemia dovesse continuare. Soprattutto dopo l’estate. Quando, in clima di campagna elettorale, le tensioni tra il governo e le Regioni potrebbero riaccendersi. Soprattutto nel Nord. Dove i governi regionali sono sostenuti da maggioranze di centrodestra. A guida leghista. Allora, l’equilibrio tra le Regioni del Nord, il governo e lo Stato centrale potrebbe complicarsi. Perfino spezzarsi. Spingendo le Regioni all’opposizione. Fino a ridurre i “confini” tra autonomia e separazione. Tra federalismo e sovranismo regionalista.”
Paolo Mieli sul Corriere della Sera: “Ci avevano detto che niente sarebbe stato più come prima. Poi, però, abbiamo assistito alla moltiplicazione delle task force e s’è avvertito nell’aria un sentore dei tempi andati. Adesso che è giunta l’ora delle nomine, si è avuta conferma di quel sentore e ci si può render conto che un pezzo della tradizione italica è sopravvissuto alla prima ondata Covid. Prudenza e decenza avrebbero dovuto imporre che i prescelti della volta scorsa restassero, in proroga, ai posti di comando fino al momento in cui tutto tornerà tranquillo. Tre, quattro mesi, il tempo di non offrire agli italiani il poco edificante spettacolo di un mercanteggiamento di cariche mentre sono ancora alti il numero dei contagi e quello dei morti. Giusto per dare l’idea che nessuno ai posti di comando del sistema Italia in questi giorni ha avuto altra preoccupazione che la messa in sicurezza del sistema stesso. Come si è fatto del resto saggiamente e senza tentennamenti rinviando a data da definire referendum ed elezioni.Invece la fase due, la stagione della ripartenza, inizia con le designazioni di partito per gli enti pubblici: presidenti, amministratori delegati, consiglieri di amministrazione. Dopodiché, visto che, come rimedio alla crisi, qualcuno propone un buon numero di nazionalizzazioni, possiamo fin d’ora immaginare che la prossima volta i nominati saranno il doppio di quelli di oggi. Forse il triplo. Offrendo un ottimo rifugio ai parlamentari «tagliati» dopo la definitiva approvazione della riforma per via referendaria.All’epoca del successo elettorale che due anni fa lo portò a conquistare un terzo dei parlamentari, il M5S aveva preso l’impegno di rifiutare la designazione per incarichi pubblici di manager lottizzati dai partiti…Tra le quali quella della stessa Eni, assegnata a Lucia Calvosa proveniente dai cda di Mps, Tim e da quello di Seif, la società che edita il «Fatto»…Adesso, annuncia il giornale di Marco Travaglio, tra i Cinque Stelle «è partito il giochino a scaricare le colpe e poi a cancellare le impronte» dell’intera operazione di ricambio ai vertici delle partecipate. Soltanto «dopo», però. Dopo che saranno completati i consigli di amministrazione dove – sempre secondo il «Fatto» – sono destinati a trovare posto tale Carmine America, un compagno di scuola di Luigi Di Maio (già reclutato alla Farnesina), ed Elisabetta Trenta, costretta tempo fa a lasciare, oltre al ministero della Difesa, un’abitazione a canone d’affitto assai conveniente alla quale si era molto affezionata…si spera a nessuno, in Olanda e in Germania, venga in mente di approfondire la conoscenza del modo assai poco trasparente con cui qui in Italia ancor oggi si procede alle nomine pubbliche. Ne verrebbero aggravati i ben noti, antipatici pregiudizi nei nostri confronti”.
Su Il Fatto, Marco Travaglio cita un articolo di Piero Sansonetti su Il Riformista (“Il Fatto è disposto a cedere su Descalzi all’Eni purché gli si permetta di mettere le mani sulla Presidenza con una pedina che è controllata direttamente da Travaglio…Non era mai successa una cosa del genere…La richiesta da parte di un giornale di avere per sé la Presidenza dell’Eni non si era mai vista. Né nella lunga sto- ria delle lottizzazioni politiche né nella storia dei conflitti di interesse…”) e commenta: “Tutta invidia perchè ora faccio benzina gratis”.
Su Libero, Francesco Specchia: “Il denaro. «Nella vita il denaro non è la cosa più importante, ma la sua mancanza ti impedisce di occuparti delle cose più importanti» dicono nell’America culla del capitalismo; risolvendo così, alla Trump, il dubbio se riattivare, oggi, il sistema produttivo. Lì la soluzione è: correre il rischio di riaprire e morire di Corona- virus è sempre meglio che non riaprire e morire di fame. Oggi nell’Italia attraversata da un frisson di socialismo reale, è diverso. Se la Lombardia annuncia di riaccendere il motore (gradatamente, all’insegna delle “4 d” distanza, dispositivi, digitalizzazione e diagnosi) a partire dall’edilizia, be’ ecco che si scatena l’inferno. Michele Serra sul giornale del milanese Carlo Verdelli, Repubblica, prima disegna metafore letterarie per la patologica ansia lombarda del lavoro ad ogni costo…Saviano attacca su Le Monde la sanità lombarda ovvia- mente formigoniana. Avvenire evoca il pauperismo e le ricette peroniste del Papa per la nostra economia…Ed ecco, politicamente, la genialata, di marca squisitamente Pd: il Pil italiano si riduce del 3% (questo mese sarà del 13%), perdiamo 100 miliardi al mese, i meccanismi di copertura salariale non stanno funzionando? Bene, urge una patrimoniale di 1,3 miliardi di euro per gli 800mila contribuenti italiani che guadagnano oltre 80mila euro all’anno… Ma c’è un’altra componente. L’invidia sociale. L’invidia sociale è fotografata dal rapporto Eurispes sulla situazione del Paese come «il vizio che blocca l’Italia. Siamo prigionieri di una sindrome del Palio la cui regola principale è quella di impedire all’avversario di vincere, prima an- cora di impegnarsi a vincere in prima persona». Ecco, quasi ricorre il mantra che la Lombardia ricca, iperattiva, con una marcia in più e un po’ fighetta, in fondo, «se la sia cercata». È uno slancio puramente masochistico: frutto, appunto, dell’invidia che è l’acido lattico dell’anima, un sentimento livido che maggior- mente inquina l’aria nei momento di difficoltà. Lo so perché, da non lombardo, l’invidia per i lombardi l’ho provata anch’io. Per la ripartenza confido che questo popolo torni a rastrellare denaro, per tornare ad occuparsi delle cose importanti…”
Su La Stampa, Massimiliano Panarari: “…in questa situazione drammatica è soprattutto dall’Europa che possono arrivare le risorse; se prevarrà il bisogno di liquidità per sostenere le spese sanitarie e cadrà la retorica “neo-isolazionista”, Conte potrà reggere l’urto inventandosi qualche operazione cosmetica con cui presentare gli esiti della trattativa al grillismo integralista…Ma non basta. Difatti iil funambolo (e già camaleonte) Conte sembra presentare la fenomenologia del ‘braccino’ come si dice in gergo tennistico, ossia il terrore di sbagliare i colpi decisivi. Perciò non scioglie il nodo di Gordio della decisione più importante, quello della ripartenza dell’economia (e della società). Così, ogni giorno di più, l’immobilismo fa dell’Italia, per citare Eliot, una “terra desolata” (sotto tutti i profili). E pertanto il maggio della mancata Fase 2 potrebbe convertirsi per lui nel “più crudele dei mesi”.
Dario Di Vico sul Corriere della Sera:…La Lombardia degli anni Dieci ha saputo sposare sviluppo e progresso civile ed è riuscita a conciliare due orientamenti di lungo termine: a conservare un forte tratto comunitario in cui laboriosità e pragmatismo sono concetti fondanti e insieme sperimentare/costruire i valori della modernità. Certo, il tutto con qualche errore e qualche inevitabile esagerazione, come quelle che ha saputo cogliere e mettere a nudo l’affilata satira del Milanese Imbruttito…Quella che consideriamo la città martire, Bergamo, rappresenta infatti una straordinaria mescolanza di tradizione e innovazione, di attaccamento quasi religioso al lavoro e di Kilometro Rosso. E come tale merita l’attenzione di tutti gli italiani non solo per il sacrosanto rispetto che va portato ai suoi troppi morti ma anche per l’omaggio che è giusto riconoscere ai suoi vivi…A ferire la Lombardia poi hanno concorso gli errori commessi dalle autorità locali che hanno finito per causare la decimazione degli anziani nelle Rsa, le incertezze nel decretare per tempo la zona rossa di Alzano e Nembro e altre pecche che il Corriere in questi giorni difficili ha raccontato e denunciato…Non fosse scoppiata l’emergenza in questi giorni vi avremmo raccontato una nuova edizione del Salone del Mobile di Milano, una straordinaria manifestazione che ogni anno in primavera fa della metropoli lombarda la capitale mondiale del gusto e della bellezza, un appuntamento che realizza un’originale sinergia tra la metropoli dei servizi e il contado manifatturiero e il cui risultato va ben al di là dell’esposizione di bellissimi oggetti. Ma porta in città le migliori intelligenze del pianeta in un’atmosfera di serrato confronto culturale e anche di festa. Nessuno francamente può dire di aver respirato negli stand della fiera o negli eventi del Fuorisalone un’insopportabile ed egoista «monocultura del profitto». Caso mai avrà condiviso quell’atmosfera gioiosa e persino ludica di cui oggi sentiamo fortemente la mancanza”.