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Martedì 21 aprile. La mini rassegna stampa della pagina Facebook di Lillo Aldegheri

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“Autospurgo

Mattia Feltri su La Stampa: “Tempo fa, siccome mi serviva per un articolo, ho cercato su Google il prezzo di un modello di Rolex. Per sei mesi, non appena aprivo internet, mi sono arrivate irrinunciabili offerte di Rolex. Volevo scrivere grazie, siete di molto gentili, però io non ho bisogno di un Rolex. Ma non sapevo a chi scrivere, finché quel qualcuno o qualcosa che aveva intercettato il mio interessamento ai Rolex non si è arreso. Adesso cercano di vendermi dischi di Glenn Gould, appartamenti a Manhattan, scarpe chiodate (forse inavvertitamente ho cliccato su una pubblicità di scarpe chiodate). Questo è quanto sanno di me, e me lo dicono, e chissà quanto altro sanno senza dirmelo. Ora siamo comprensibilmente perplessi per Immuni, la app da scaricare solo se si vuole (ma non è cosi vero, perché chi non vuole non potrà spostarsi liberamente) di modo che il governo tracci la nostra storia clinica e i nostri movimenti, e amministri la fase due scongiurando una ripresa dell’epidemia. Probabilmente ci fa paura che sia un’incombenza di Stato, ma ho il sospetto che se l’app fosse stata lanciata da Facebook o da Apple come l’ultimo ritrovato della modernità per proteggere sé e altri, l’avremmo fatta nostra con lo spirito di chi vive coi Sole in fronte. Sarebbe bello se si avviasse una discussione all’altezza dell’enormità della faccenda, e cioè su quanto siamo disposti a cedere della nostra segretezza, e dunque della nostra libertà, in cambio di una vita sicura e comoda, ma non si vuole sembrare spericolatamente ottimisti. Quando proporranno la app che segnala i debitori o i pregiudicati o i tossicodipendenti, sarà un passo in più del gregge verso l’ovile”.

Sul Corriere della Sera, Antonio Polito: “Il Covid-19 come la crisi del ’29? A furia di evocarli, i fatidici Anni Trenta sono davvero arrivati. Il mondo sta entrando in una depressione così globale che può essere paragonata solo a quella che fece seguito al crollo di Wall Street. Siccome allora finì con i fascismi in Europa e la guerra nel mondo, è diventato più che lecito chiedersi se stavolta il genere umano si rivelerà più saggio, se la libertà gli è diventata nel frattempo più cara…Ma ci sono altri tre elementi che si aggiungono a peggiorare le cose. Il primo è il nazionalismo…Il secondo elemento è lo statalismo…Il terzo elemento è l’anti parlamentarismo…quali possono essere gli antidoti? Credo che il migliore sia l’unità nazionale. Non intendo qui una formula di governo, anche se questa ne potrebbe derivare quando ce ne fossero le condizioni (qui non bastano venti/trenta «responsabili», ma mille). Mi riferisco piuttosto all’incessante sforzo di non dividere la comunità e di condividere sacrifici e cambiamenti…Non si può reggere due anni così, nel litigio continuo, tendendosi reciprocamente trappole e sperando di vederci cadere il nemico. A chi conviene del resto ereditare un disastro? In futuro non si potrà affrontare nessuna grande scelta, che si tratti di un prestito o di un investimento, di indebitarsi con i mercati o con gli italiani, se metà della politica è pronta a sparare senza scrupoli sull’altra metà. Un Paese più unito nel rapporto con l’Europa e più unito nel rapporto con i suoi partner in Europa, avrebbe più possibilità di non rinchiudersi in un nazionalismo pernicioso sempre, ma disastroso quando lo praticano i vasi di coccio, come la Storia ci ha ampiamente insegnato.L’ordine dei fattori nella triade dei valori della rivoluzione francese uscirà scompaginato dal coronavirus. Per salvare la libertà, stavolta avremo bisogno di partire dalla fratellanza”.

Vittorio Feltri su Libero: “Leggo vari interventi sui giornali e apprendo che il virus in ogni caso cambierà i! nostro modo di essere e vivere. Saremmo di fronte a una sarta di rivoluzione, che fa rima con mutazione. Gli italiani si starebbero preparando ad avere rapporti sodali del tutto nuovi, non più quelli di una volta. Può darsi, tutto è possibile, tuttavia al momento scorgo segnali opposti: i vizi nazionali negli ultimi due mesi si sono confermati e addirittura consolidati. L’Itaiia era ed è rimasta un insieme di genti e non dispone di un popolo omogeneo e solidale. Non è una nazione bensì un agglomerato di comuni che faticano a riconoscersi in una patria e perfino in una regione, il Sud gioisce e fa pernacchie al Nord, felice che i settentrionali siano stati massacrati dal virus assassino. I meridionali interpretano questa congiuntura come un giudizio universale. Pensano, scrivono e cantano con gaudio che la giustizia divina ha regolato conti in sospeso da secoli. “Che meraviglia vedere i polentoni die annaspano nelle sale della terapia intensiva. Quanti morti ieri a Milano? 800? Buona notizia. A Napoli solo 200. Ovvio. noi partenopei siamo migliori, moralmente più saldi, non adoriamo dio Soldo ma, al massimo, San Gennaro”. Altro che unità nazionale.”

Ugo Magri su La Stampa: “Il governo rinvia all’autunno il voto in sei Regioni che dovevano andare alle urne entro l’estate…Ma quattro governatori (due di destra e due di sinistra) contestano la scelta che aggrava le tensioni con Roma e solleva un punto di domanda: fin dove può spingersi la sospensione delle regole democratiche?…Spiega D’Incà: “Le condizioni di sicurezza devono sussistere non solo nel giorno del voto ma anche nella fase precedente, quando si raccolgono le firme e si svolgono i comizi, e queste condizioni non ci saranno fino a settembre”…Ai governatori uscenti, senza dubbio, votare al più resto faciliterebbe la rielezione…ma anche Conte ha le sue convenienze: più in là si terranno elezioni regionali e referendum, maggiore sarò la difficoltà di tenere quest’anno eventuali elezioni politiche che, per effetto del decreto di ieri, praticamente svaporano fino all’anno prossimo”.

Su Il Giornale, Adalberto Signore: “…non c’è dubbio che in molti ambienti ormai da molte settimane si valutino scenari alternativi al Conte 2, troppo condizionato dalle divisioni interne al M5S e dalle conseguenti tensioni tra grillini e dem…Ecco perchè in moltiHanno visto nella decisione del Consiglio dei ministri di rinviare le elezioni regionali a dopo l’estate una mossa per stabilizzare l’esecutivo e soprattutto mettere una zeppa sulla strada di possibili esecutivi di salute pubblica…E’ del tutto evidente che concentrare tutti gli appuntamenti elettorali in un solo giorno non farebbe che polarizzare lo scontro…creando un clima in cui sarebbe ancora più complicato dare vita ad un governissimo che già adesso ha diverse controindicazioni…quanto è stabile un esecutivo che si regge su una maggioranza in cui convive la spinata europeista di Pd e Forza Italia e quella sovranista ed euroscettica di M5S e Lega? Perché è chiaro che un simile esecutivo potrebbe esserci solo a condizione che ne facessero parte tutti tranne FdI che ha già messo in chiaro di non essere disponibile. Ecco, aggiungere a questa miscela che sarebbe esplosiva, la mina di un election day per le Regionali le amministrative e il referendum sul taglio dei parlamentari e relativa campagna elettorale, significa complicare non poco un eventuale scenario di larghe intese.”

Massimo Gramellini sul Corriere della Sera: “Gli scienziati dovrebbero studiare i bizzarri effetti che la pandemia ha prodotto sulla psiche di certi loro colleghi. Queste personcine ammodo, abituate a civili discussioni in punta di microscopio, sono state scaraventate sotto le luci della ribalta, con i bei risultati che abbiamo sotto gli occhi. Non si può più aprire un sito o un canale tv senza imbattersi in qualche virologo che dà del figlio di buona provetta a un immunologo. Per restare alle ultime ore, il professor Burioni — ormai un marchio in grado di sanificare qualsiasi ambiente con la sola imposizione delle sue mani disinfettate — ha affermato che, se l’esimio professor Tarro era in corsa per il Nobel, lui era pronto per Miss Italia. E l’altro, che in tempi normali gli avrebbe replicato nella nota a piè di pagina di un opuscolo per adepti, ha risposto a stretto giro di telecamera che lo vedeva benissimo, il Burioni, sfilare in passerella, purché a bocca chiusa. La mia era ancora spalancata per lo stupore, quando si è appreso che l’austero professor Ricciardi aveva appena sbeffeggiato in un tweet il presidente degli Stati Uniti che, pur essendo adesso la persona che è, resta il presidente degli Stati Uniti, costringendo l’Organizzazione mondiale della sanità a dissociarsi. Come per tutto il resto, mi preoccupa il dopo. Non vorrei che in tv i virologi prendessero il posto dei cuochi. O di Sgarbi. Qualcuno starà già pensando a una sfida tra ego in provetta, moderata da Maria De Filippi: «Immuni’s got talent».

Pierluigi Battista sul Corriere della Sera: “Ora, sempre a caccia di capri espiatori, vogliono mettere sotto accusa la città peccaminosa: troppa umanità assembrata, troppa mescolanza, niente salvifico distanziamento, troppa gente indaffarata, troppa contaminazione. E anche, peccato mortale, troppo commercio. E invece no, la vita cittadina di prima di questa catastrofe era bella proprio per le ragioni che adesso sembrano brutte…Certo, le città del mondo sono anche periferie urbane sconsolate, slums , ricettacoli di emarginazione lontani dal cuore pulsante dei centri metropolitani. Ma sono le politiche pubbliche che dovrebbero affrontare, non l’idea stessa della città. È stato detto: «Roma è bellissima, peccato che non funziona niente». Ma non bisogna sradicare Roma, bisogna liberarsi di chi non la sa far funzionare. Funzionare come le città libere e vitali e prospere e dinamiche e belle e piene di popolo di cui nutriamo in questi giorni di clausura e di isolamento una struggente nostalgia”.

Su Il Manifesto Alessandro Dal Lago: “Non possiamo chiedere ai nostri simili di rinunciare alla paura della morte in nome di una libertà teorica. È possibile in un seminario di filosofia, non nel travaglio quotidiano…in questa fase non siamo privati della libertà, ma di qualche libertà. Una differenza non da poco. Prima di parlare di fascismo nel caso di questo governo – mediocre, non più autoritario di altri – aspettiamo di vedere come evolve l’attuale isolamento…Dal virus non nascerà il comunismo, come sostenuto nelle stravaganti esternazioni di Žižek. Ma per la prima volta nella storia (a parte la crisi ecologica) l’umanità deve affrontare un rischio comune, e come tale percepito, anche se declinato nelle forme e nei condizionamenti sociali e politici più vari. È del tutto aperta la questione se da tutto questo nasceranno nuovi Trump, Bolsonaro o Orbán o nuove forme di convivenza e di giustizia sociale. Un terreno su cui incombe un cielo plumbeo, data l’impotenza generata dalla difficoltà delle scelte e dalla nostra debolezza di fronte al rischio. Ma non abbiamo alcun bisogno di martiri, maestri o guide spirituali. Invece, di una reazione umana e solidale al getto di da- di della sorte e alla desolazione che sta provocando nel mondo.

Stefano Agnoli sul Corriere della Sera: “Ci sono ragioni «fisiche» e ragioni «finanziarie» per un crollo dei prezzi che non si era mai visto nella lunga e tormentata storia del petrolio. Ragioni fisiche di carattere generale: la pandemia e i vari «lockdown» hanno fatto crollare la domanda, che ad aprile-maggio sarà di 70 milioni di barili al giorno rispetto ai 100 milioni al giorno pre-crisi. Poi ragioni fisiche «particolari», legate alla situazione Usa: lì il sistema di stoccaggio è molto vicino alla saturazione. Semplicemente non si sa più dove mettere tutto il petrolio che viene prodotto e non consumato…Infine ci sono ragioni finanziarie…Certo, qualcuno ci guadagnerà: pare che il fondo Us oil abbia già in mano il 25% dei contratti di giugno. Ma che cosa accadrà ora? Sistemate le scadenze finanziarie dei future, il prezzo del petrolio «fisico» resterà verosimilmente sui livelli bassi degli ultimi giorni, intorno ai 20 dollari al barile. Gli accordi della settimana scorsa all’Opec, con la partecipazione indiretta degli Usa, non sono evidentemente convincenti. Non basteranno 9,5 milioni di barili al giorno in meno per riequilibrare il mercato. «O gli Usa riducono la produzione o i prezzi resteranno bassi per molto tempo», commenta l’ex ceo Eni, Paolo Scaroni. Il problema degli Usa, però, è che qualsiasi idea di «tagli concordati» potrebbe richiamare gli strali Antitrust. E poi ci sono circa 3 mila produttori che estraggono ciascuno poche centinaia di barili al giorno. Ma una situazione eccezionale potrebbe forzare soluzioni eccezionali”.


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Redazione
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