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Intervista esclusiva. Bambini come carcerati? Arrivano i braccialetti elettronici. L’allarme del maxi esperto di privacy Diego Perini

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E’ ufficiale, il virus non interagisce solo con gli organi respiratori ma anche con quelli pensanti. Di cosa parliamo?  Dell’ iniziativa assunta da una scuola paritaria della Lombardia che, in vista del nuovo anno didattico, ha acquistato braccialetti elettronici da far indossare a bambini di età compresa tra i 4 e i 6 anni. Il costo verrà in parte caricato sulle famiglie, chiamate a versare un supplemento di circa 10 euro sulla retta mensile. Insomma quello che lo Stato fatica ad applicare ad un qualunque pregiudicato, verrà garantito ai nostri figli in nome della stringente battaglia al Coronavirus. Cerchiamo di capirne un po’ di più con l’avvocato Diego Perini maxi esperto in privacy. Perini ci può spiegare e chiarire questa nuova trovata dei nostri governanti? Innanzitutto, come funziona il dispositivo? “Si tratta di un’idea sviluppata circa un anno fa come sistema di telemetria di gruppo negli allenamenti in piscina, ora adattata ad altre esigenze contingenti la pandemia. Nel caso specifico i dispositivi verranno fatti indossare al polso dei bambini prima di entrare nell’Istituto, né più e né meno di quei braccialetti che alcuni parchi di divertimento consegnano all’ingresso a chi desidera accorciare l’attesa per l’accesso alle attrazioni. Solo che, anziché garantire il divertimento e la condivisione, faranno l’esatto opposto, vibrando e illuminandosi ogniqualvolta l’infante si avvicinerà troppo al proprio compagno di gioco, il tutto per garantire il distanziamento sociale. Già si immagina di estenderne l’uso anche ai campi scuola o ancora, più in generale, all’ingresso in spiaggia la prossima estate”. Raccoglierà quindi dei dati? “Certamente. Il dispositivo memorizzerà internamente ID, giorno, ora e tempo di contatto con gli altri braccialetti con cui entra in prossimità. Inoltre si servirà di una app che permetterà di monitorare i contatti tra i piccoli. Nel caso quindi un bambino o una maestra dovessero risultare positivi al Covid-19, tramite l’app si potranno ricostruire i singoli contatti e fornire i dati alle Autorità che ne faranno richiesta. In sostanza il suo funzionamento non è dissimile da quello della ormai nota app Immuni ma applicata a bambini che ovviamente non posseggono un cellulare”. Ma come la mettiamo con la privacy? “Le premesse non cambiano rispetto alle considerazioni, da più parti, già espresse sull’app Immuni. Nessun pregiudizio verso la tecnologia che di per sé non è né buona né cattiva; ciò che conta è l’utilizzo che se ne fa. In questo senso è innegabile che alcuni dispositivi possono aiutarci a combattere la pandemia ma non per questo dobbiamo derogare a regole e principi sacrosanti, quali la responsabilità e la trasparenza di chi li gestirà. Si tratta semplicemente di bilanciare in modo corretto i diritti in gioco (ad esempio i braccialetti saranno obbligatori?), coinvolgendo ed informando i genitori su utilizzo e trasmissione dei dati e adottando adeguate misure di sicurezza informatica, che richiedono peraltro una costante manutenzione. Non possiamo scordare alcuni scandali del recente passato, vedi Cambridge Analytica, dai quali dovremmo aver imparato che il controllo dei dati personali è intrinsecamente legato alla libertà dell’individuo. Prendiamo ancora il caso dell’app Immuni. Se applicato ad un imprenditore, come ad esempio un parrucchiere o un fiorista, cosa accadrebbe se i dati trattati da Sogei (come prevede il piano governativo) venissero utilizzati non solo per scopi legati al contenimento dell’emergenza sanitaria ma anche per altri non dichiarati quali un possibile controllo fiscale? Ogni contatto registrato nell’app potrebbe essere associato ad un possibile cliente dell’imprenditore al fine di ricostruirne il giro d’affari seppur in via presuntiva”. Oltre a ciò, è possibile che i braccialetti abbiano altri impatti sui nostri figli? “Se ne possono immaginare molti. Ad esempio l’idea che i nostri figli siano indotti sin da piccoli a pensare che la sorveglianza continua sia la normalità. O ancora, sotto il punto di vista dell’impatto emotivo, il rischio di sviluppare inconsciamente, una volta sconfitto il virus, la tendenza ad evitare un contatto o un semplice abbraccio con l’altro, quale riflesso condizionato innescato dalle vibrazioni generate dall’uso, per un tempo prolungato, del bracciale. Non a caso non sono mancati accostamenti con i cani di Pavlov come se in fondo si trattasse di un grande esperimento sull’apprendimento associativo, solo che, in questo caso, condotto non tanto sui nostri amati animali domestici quanto sul bene più prezioso per ciascuno genitore”.


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