Mentre tra molti cresce l’entusiasmo per l’apertura di Eataly a Verona, ieri alcuni cittadini si sono dati appuntamento in via Santa Teresa 12 per un presidio per manifestare contro “l’unica narrazione offerta ai cittadini e alle cittadine di questa (sciagurata) trasformazione degli ex Magazzini in un complesso prevalentemente commerciale e direzionale, parla di rigenerazione urbana di un’area sottratta all’abbandono e al degrado, che diventerebbe ora, per la prima volta, sede di attività culturali“, si legge nella nota stampa del Comitato della Profezia della locomotiva cosmica.
L’azione è partita da una petizione on-line rivolta a coloro che dentro gli ex Magazzini hanno operato organizzando attività: in pochissimi giorni hanno risposto all’appello più di 1500 persone, “solo alcune delle diverse migliaia che in molteplici ruoli in questi spazi hanno prodotto arte, cultura e dialogo. Abitanti di Verona o di altre città, italiani e italiane e non solo, di ogni età, posizione sociale, attitudine. Tra di loro gente anonima, ma anche decine di musicisti e musiciste, gente di teatro e di cinema, operatori culturali, artisti, docenti universitari”, si legge.
“Siamo la voce di una moltitudine, e ci unisce la necessità personale e l’obbligo civile di testimoniare. Perché nella magnifica Stazione Frigorifera degli ex Magazzini Generali di Verona, e in altri importanti edifici del complesso industriale, siamo stati per più di venticinque anni corpi, non fantasmi“, spiegano.
“Inizialmente, quando il compendio era ancora area pubblica, ragazze e ragazzi hanno edificato, salvaguardato, ripulito, allestito, rivitalizzato un sito che allora era davvero in stato di totale abbandono, imparando tecniche artistiche e mestieri. E poi hanno organizzato più di 700 concerti di ogni genere musicale, conferenze, letture, audio-documentari, incontri con autori, critici, curatori. E poi ancora rassegne cinematografiche, mostre e installazioni di arte contemporanea di livello internazionale, spesso site-specific; più di 70 spettacoli teatrali, interpretati e di frequente prodotti da molte delle più affermate compagnie europee, in collaborazione anche con la Biennale di Venezia, destinati a un pubblico che solo qui ha potuto godere dello spettacolo straordinario di un luogo unico altrimenti inaccessibile. E poi ancora, queste persone hanno costruito vera cittadinanza attiva con assemblee, gruppi di discussione sui diritti civili, laboratori di pratiche politiche, preziosi momenti di convivialità, scambio e relazione conciliati dalla cura per il cibo (biologico, vegetariano e vegano, già nei primi anni ’90!)”, prosegue la nota.
“Tutto questo agire, partecipare, gioire, discutere, costruire e distruggere ha trovato il suo catalizzatore in INTERZONA, comunità non-profit democratica e finanziariamente autogestita. Tra il 1992 e il 2016 (anno in cui sono stati “cacciati” dall’area dalla nuova proprietà, una fondazione bancaria travestita da società immobiliare lussemburghese), migliaia di soci e socie e centinaia di volontari e volontarie hanno ridato vita e dignità a un’area totalmente arroccata nel suo abbandono, ma così preziosa da meritare un doppio vincolo monumentale, sia per il valore dei manufatti architettonici e infrastrutturali, sia in quanto testimonianza storica, culturale, urbanistica e sociale di un momento fondante della nostra storia economica e politica. Vincoli assolutamente non rispettati da un intervento edilizio che definire restauro è un oltraggio per chiunque conosca il senso delle parole”.
“Ecco perché abbiamo scelto di difendere questa memoria: lo dobbiamo non solo a noi stessi, che per più di venticinque anni in questo spazio abbiamo vissuto direttamente e attivamente processi creativi e proposte artistiche, ma a tutti coloro che hanno a cuore una società vitale, aperta, culturalmente evoluta perché capace di costruire un terreno fertile in cui la cittadinanza può diventare protagonista di una comunità, in cui soprattutto le fasce più giovani possano riprendersi un ruolo da protagoniste, e non da consumatrici”.
“Questa testimonianza, nata in reazione alla narrazione univoca e arrogante che dà a questa operazione finanziaria e speculativa (decine di milioni di euro il costo di “recupero” della sola Stazione Frigorifera!) il nome di “rigenerazione urbana che restituisce alla città un’area abbandonata e degradata”, troverà occasione di visibilità pubblica in una silente, civile, pacifica presenza collettiva in occasione delle festose celebrazioni inaugurali, con una distribuzione discreta di materiale informativo”, conclude la nota.